Chavez non c’è più ma il Chavismo è destinato a restare
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Di Federico Fuentes4 agosto 2015 – ZNet Italy – Se Hugo Chavez non fosse morto nel 2013, l’ex presidente venezuelano il 28 luglio avrebbe compiuto 61 anni. Tuttavia, anche se Chavez non c’è più, la sua impronta indelebile sul panorama politico del Venezuela, sopravvive.
Il 6 dicembre i venezuelani andranno alle urne per la ventesima volta da quando Chavez era stato eletto presidente per la prima volta nel 1998. L’elezione di dicembre per l’Assembela Nazionale si avvia a diventare un’altra fondamentale battaglia tra le forze che per 15 anni hanno appoggiato o si sono opposte a Chavez.
Per le forze chaviste, la vittoria è vitale per la difesa e l’intensificazione della loro “rivoluzione bolivariana.”
Per l’opposizione, il successo rappresenterebbe un passo importante verso la rimozione del successore di Chavez, Nicolas Maduro, o tramite un referendum prima della scadenza del suo mandato nel 2016 o per mezzo del possibile uso del parlamento per metterlo in stato di accusa.
Nella maggio parte dei paesi, le persone in carica devono fare i conti con un prevalente umore anti-politico riflesso nella maggiore mutevolezza dei votanti e nei più rapidi cambiamenti di governo. Anche l’Australia, relativamente tranquilla, ha visto quattro diversi governi nello scorso decennio.
Inoltre, se qualsiasi governo dovesse affrontare alcune delle importanti sfide che affronta il governo di Maduro –come l’inflazione che cresce a dismisura, la scarsità delle merci fondamentali e gli alti tassi di criminalità, certamente si scommetterebbe che perdano la loro maggioranza parlamentare.
Tuttavia, un sondaggio eseguito in giugno dall’Agenzia indipendente Interlaces, di base a Caracas, ha rivelato che il 62% dei venezuelani preferirebbe avere fiducia nell’attuale governo che correggere i loro errori e risolvere alcuni di questi problemi.
Soltanto il 33% ha detto che preferirebbero trasferire il governo all’opposizione e lasciare che si occupino delle difficoltà del paese.
Mentre è troppo presto per dire esattamente che cosa accadrà il 6 dicembre, il chavismo è indubbiamente diventato un elemento duraturo del panorama politico del Venezuela.
La fine del vecchio sistema bipartitico
L’elezione di Chavez al potere ha segnato la fine di un sistema con due partiti che per anni era sembrato resistere al cambiamento.
Durante la maggior parte della seconda metà del ventesimo secolo, due principali partiti politici dominavano il sistema politico del Venezuela: il Cristian democratico COPEI e il partito social democratico denominato Azione democratica (AD).
Per assicurare il loro controllo sul sistema elettorale, i due partiti hanno firmato un patto per cui, indipendentemente da chi avesse vinto le elezioni future, entrambi i partiti avrebbero essenzialmente realizzato lo stesso programma di governo e avrebbero considerato di includere membri del partito avversario nel gabinetto.
Esclusa da qualsiasi reale potere nei prossimi 40 anni, c’era la maggioranza povera del Venezuela.
Delle crepe in questa facciata elettorale cominciarono a comparire all’inizio degli anni novanta in seguito all’insurrezione popolare conosciuta come il Caracazo, * un evento che molti indicano come il punto di partenza della Rivoluzione Bolivariana.
Tuttavia era stata una decisione di Chavez candidarsi alla presidenza che ha fatto cadere l’intero edificio.
Chavez, che ottenne riconoscimento nazionale per via del suo ruolo in una fallita ribellione militare nel 1992, iniziò la sua campagna come estraneo e con l’appoggio di un partito messo insieme frettolosamente che Chavez registrò dopo un anno dalle elezioni.
Tuttavia, il giorno delle elezioni Chavez era in testa e sia il COPEI che l’AD ritirarono i loro candidati. Decisero invece di seguire un altro candidato in un estremo tentativo di sconfiggere Chavez.
Da allora nessuno dei due vecchi partiti ha raccolto forza sufficiente per presentare i propri candidati alla presidenza, preferendo invece appoggiarne altri che consideravano potessero essere i più probabili e seri sfidanti di Chavez.
Insieme hanno ottenuto meno del 10% dei seggi nelle scorse elezioni dell’Assemblea Nazionale e hanno a malapena meritato una citazione nelle elezioni più recenti riguardanti le preferenze dei votanti per il partito.
Nella maggior parte dei paesi, sarebbe quasi impossibile immaginare uno scenario in cui quasi da un giorno all’altro un nuovo partito ha ottenuto la presidenza e ha relegato i partiti alla categoria di ‘altri” nel conteggio dei voti.
Perfino in Grecia, con la notevole ascesa di Syriza, il tradizionale partito di destra, Nuova Democrazia, continua a essere il più grande partito di opposizione e conserva un importante livello di supporto.
Tuttavia questo è esattamente ciò che è accaduto in Venezuela dove le elezioni sono ora in gran parte polarizzate tra i partiti pro-Chavez, particolarmente il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) che è stato formato nel 2007, e una varietà di partiti dell’opposizione del dopo 1998 raggruppati insieme nella Tavola di Unità Democratica (MUD – Mesa de la Unidad Democrática).
Lo spostamento a sinistra
Mentre alcuni dicono che il vecchio sistema bipartitico è stato sostituito da uno nuovo incentrato sul PSUV e sul MUD, si ignorano altri due importanti cambiamenti accaduti nel panorama politico del Venezuela.
Il primo è il rilevante spostamento a sinistra dello spettro politico totale.
Una serie di sondaggi ha dimostrato che dopo quasi due decenni di governo chavista, la maggioranza dei venezuelani preferisce il socialismo rispetto al capitalismo.
Questo spostamento si riflette anche nell’appoggio alle politiche che sono generalmente che sono considerate come a sinistra del centro come la proprietà statale dell’industria petrolifera, un maggior controllo della comunità sugli affari locali, l’educazione e la sanità pubbliche gratuite.
Questo è indubbiamente il risultato sia delle politiche attuate da Chavez che del suo costante dialogo con la gente riguardo ai benefici del socialismo.
In quanto tale, il “centro” politico del paese ha poco in comune con le politiche accettate dai partiti di centro in altri paesi.
Il miglior esempio di questo spostamento è l’opposizione venezuelana che ha riconosciuto la necessità di cambiare nome per piacere alla maggioranza.
Lasciando da parte le reali politiche dell’opposizione, nessuno dei loro candidati è disponibile a continuare apertamente con il tipo di piattaforme favorevoli all’austerità e al neo-liberalismo comuni a tutta Europa e agli Stati Uniti.
Invece mettono l’accento sulla promessa si continuare in molte delle politiche dell’era di Chavez cui in precedenza si erano opposti, eliminando contemporaneamente la “corruzione” e la “burocrazia”, esattamente i problemi che sollevavano i settori critici nell’ambito del chavismo.
Nelle elezioni presidenziali del 2012, uno dei principali slogan del candidato del MUD, Henrique Capriles, era “votate a sinistra e dal basso”. Mentre lo slogan si riferiva alla posizione dei candidati sulla scheda elettorale, era un chiaro tentativo di presentare Capriles come una specie di candidato di sinistra.
Quando Capriles si era candidato contro Maduro nel 2013,aveva tentato di evitare di attaccare Chavez e ha anche adottato parte dello stile e dei discorsi della propaganda di Chavez. Allo stesso tempo, l’opposizione cercava di fare una distinzione tra Chavez e Maduro per mezzo dello slogan: “Maduro non è Chavez”.
I politici di destra hanno perfino adottato il loro aspetto.
Pochi dei più importanti personaggi dell’opposizione vanno in giro ostentando i loro completi. Capriles invece compare regolarmente alle conferenza stampa non rasato e con una giacca della tuta da ginnastica decorata con la bandiera venezuelana.
Con Chavez la politica si era spostata così tanto a sinistra che anche apparendo o parlando come un politico vecchio stile, non parliamo poi di sposare le loro politiche o di partecipare nella lista dei candidati del loro partito, era sufficiente a perdere il sostegno.
Un nuovo protagonista politico
Il cambiamento finale e il più importante, nel panorama politico venezuelano è stata la comparsa del Chavismo come forza politica organizzata.
Malgrado le previsioni che la rivoluzione bolivariana si sarebbe esaurita senza Chavez, due anni dopo la sua morte il Chavismo è ancora la forza politica più importante del paese.
Prova di questo è che nessun altro partito da solo arriva quasi a poter essere allo stesso livello di supporto che conserva il PSUV. E’ precisamente questa realtà che tine unita l’opposizione che ha aspre divisioni, dato che riconoscono che l’unica speranza che hanno di vincere le elezioni è di presentarsi insieme.
La spiegazione di questo appoggio in corso è che il Chavismo non è mai stato semplicemente un progetto basato su un uomo, anche se importante come era Chavez.
Invece Chavez è servito da catalizzatore per la maggioranza povera esclusa del Venezuela per intervenire direttamente nell’arena politica.
L’elezione di Chavez ha rappresentato un trabocco della lotta sociale dei popoli dentro un’arena politica in precedenza riservata all’élite del Venezuela.
Malgrado tutti i tentativi dell’opposizione di rovesciare Chavez, questa forza politica radicata nella maggioranza povera del Venezuela, si è mobilitata nell’ambito dello stato e nelle strade per difendere la rivoluzione bolivariana e per far andare avanti i suoi obiettivi rivoluzionari.
La morte di Chavez nel 2013 è ovviamente stato un notevole colpo a questo progetto politico e potrebbe certo subire anche future battute d’arresto, compresa la perdita del potere del governo.
Tuttavia ci sono scarse prove per indicare che la maggioranza povera del Venezuela stia progettando di ritirarsi dall’arena politica o di far esaurire la rivoluzione bolivariana.
Indipendentemente da chi stia al governo, dovranno confrontarsi con una forza con i poveri politicizzati e organizzati che non vogliono ritornare al Venezuela del tempo che fu.