È possibile che un’improbabile alleanza tra la sinistra e la destra fermi la Rivoluzione Cittadina dell’Ecuador?

 
 

Federico Fuentes

24-03-2017 - Traduzione del Comitato Carlos Fonseca - L’Ecuador tornerà alle urne il 2 aprile dopo che il primo turno delle elezioni presidenziali non aveva dato una vittoria decisiva a Lenín Moreno, il candidato disposto a continuare la “Rivoluzione Cittadina” dell’uscente presidente Rafael Correa, che ha favorito i poveri.

Ora Moreno affronta la sfida di riuscire a far sì che l’Ecuador non si aggiunga alla lista dei paesi della regione nei quali la sinistra ha recentemente perso le elezioni. Nonostante abbia sconfitto il suo rivale più prossimo per più di un milione di voti, Moreno non è riuscito a raggiungere il 40% dei voti necessari, fermandosi al 39,36%, ad ottenere la vittoria diretta al primo turno, effettuato il 19 febbraio. Moreno si è presentato come candidato di Alleanza PAIS, partito fondato da Correa con il quale ottenne la sua prima vittoria nelle elezioni presidenziali del 2006. Economista radicale e candidato sorpresa, Correa ottenne il potere grazie all’appoggio di ciò che lui chiamò una Rivoluzione Cittadina contro le élite politiche. Le origini di questo processo politico risalgono alle rivolte popolari prevalentemente indigene che dagli inizi dei novanta scossero il paese e abbatterono durante il seguente decennio e mezzo diversi presidenti. L’elezione di Correa fu un tremendo colpo per la corrotta classe politica del paese. Presuppose l’incorporazione dell’Ecuador nelle fila allora in crescita dei governi di sinistra e progressisti della regione. Come presidente, Correa promosse l’unità antimperialista e l’integrazione regionale. Mise anche in marcia alcune richieste fondamentali dei movimenti sociali, inclusi la chiusura della base militare statunitense nel paese, il non pagamento dell’illegittimo debito estero e l’inizio di un processo che avrebbe portato ad una nuova costituzione che riflettesse le aspirazioni progressiste della maggioranza. Grazie ai suoi programmi destinati alla redistribuzione della ricchezza, particolarmente nel settore petrolifero, e al fatto diaver raddoppiato la spesa sociale del governo, durante i 10 anni di mandato di Correa l’indice di povertà ha sperimentato una riduzione senza precedenti (del 38%) e quello di povertà estrema una ancor maggiore (un 47%). Anche se Correa mantiene la propria popolarità, ha rifiutato di ripresentarsi ad un terzo mandato per facilitare una transizione della sua direzione. Ha fatto una forte campagna a favore di Moreno, un attivista in sedia a rotelle per i diritti dei disabili che lo ha accompagnato come candidato alla vicepresidenza nelle campagne elettorali del 2006 e 2009. Nonostante ciò, l’appoggio di Correa non gli è bastato a farsi eleggere alla prima votazione. Ora dovrà scontrarsi con il candidato del partito CREO (Creando opportunità), il milionario banchiere di destra Guillermo Lasso, che ha ottenuto il 28,09% dei voti. Nel decennio dei novanta, Lasso fu nominato governatore di Guayas dall’allora presidente neoliberale Jamil Mahuad e rimase in carica per breve tempo fino a quando Mahuad fu abbattuto da una sollevazione popolare. Lasso ha già dichiarato la sua intenzione di applicare una serie di misure di austerità contrarie alla politica che favorisce i poveri e di fare marcia indietro su sostanziali benefici sociali ottenuti dal governo di Correa. Per questo, non è sorprendente che l’opposizione di destra al completo gli abbia dato il proprio sostegno al secondo turno, con la speranza di assestare un duro colpo alla Rivoluzione Cittadina. Al primo turno, la destra si è presentata divisa: una parte ha sostenuto Lasso e un’altra la candidata del Partito Social Cristiano (che ha ottenuto il 16,32% dei voti). Nonostante ciò, questa divisione era più relazionata alla base sociale regionale di ciascun candidato che a grandi differenze politiche. Queste differenze verranno messe da parte per riuscire a bloccare la vittoria di Moreno. È anche probabile che vari degli altri cinque candidati presidenziali manifestino il loro appoggio a Lasso. Ma ciò che risulterà fondamentale per la vittoria è il sostegno di uno di loro, Paco Moncayo, e dei suoi seguaci. Moncayo, vecchio generale dell’esercito e appartenente al partito Sinistra Democratica, di centro sinistra, ha ottenuto il 6,71% dei voti presentandosi con l’Accordo Nazionale per il Cambiamento, un’alleanza che include diversi partiti di sinistra oppositori di Correa, incluso il partito indigenista Pachakutik e il Partito Comunista Marxista-Leninista dell’Ecuador, tra gli altri. Anche se la Sinistra Democratica ha affermato che non appoggerà ufficialmente nessuno dei candidati, dando ai propri militanti libertà di voto, il 7 marzo Moncayo ha dichiarato che voterebbe Lasso al secondo turno, poiché è “l’unica opportunità di liberarsi di Correa”. Il 2 marzo il Consiglio Politico di Pachakutik ha adottato una posizione simile, affermando che si opponeva ad appoggiare “un’altra volta la stessa cosa”, per cui al secondo turno avrebbe appoggiato Lasso, anche se ci sono divisioni se fare un appello esplicito a votare per Lasso o no. I dirigenti di alcune organizzazioni indigene e confederazioni sindacali ecuadoriane si sono espresse in modo simile. La CONAIE, Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador, continua a dibattere la propria posizione ufficiale nella base, ma il 23 febbraio una dichiarazione emessa dopo un incontro nazionale di dirigenti dava l’impressione che avevano rifiutato il sostegno a Moreno. La dichiarazione faceva eco ai sentimenti espressi il giorno precedente da Carlos Pérez Guartambel, presidente della maggiore organizzazione affiliata alla CONAIE, Ecuarunari, che ha detto: “È preferibile un banchiere ad una dittatura”. Questa posizione è stata appoggiata anche da dichiarazioni del dirigente della CONAIE Jorge Herrera che, senza dichiarare apertamente il suo sostegno a Lasso, ha detto che non appoggerebbero il voto a Moreno, né il voto in bianco né quello annullato. I presidenti di due confederazioni sindacali nazionali (Ceols e Fut), hanno dichiarato in una conferenza stampa realizzata l’8 marzo che nemmeno loro appoggerebbero il voto per Moreno, né il voto in bianco o nullo, perché “ambedue beneficerebbero il governo di Rafael Correa”. Queste posizioni riflettono chiaramente la svolta che si è prodotta in alcuni movimenti sociali, che sono passati da un appoggio critico a Correa ad una aperta opposizione. Questo processo ha lasciato apparentemente aperta la porta a tacite alleanze con la destra. Tutto questo è il risultato di anni di conflitto irreconciliabile tra il governo e certi dirigenti dei movimenti sociali su questioni fondamentali, come il controllo delle risorse naturali, l’autonomia indigena e il rispetto verso i dirigenti eletti dei movimenti indigeni e sociali. Non c’è dubbio che in molti casi il governo abbia la colpa, specialmente con la sua ostilità verso i dirigenti del movimento indigeno. Questo è stato un fattore determinante nell’aumento dei voti ai candidati della destra da parte di alcune comunità indigene, particolarmente nella regione dell’Amazonas. È anche certo che molti di questi dirigenti sono andati perdendo il sostegno delle proprie basi a seguito della loro opposizione ad un governo che molti consideravano stare dalla loro parte. Questa divisione viene dimostrata dal forte sostegno che Moreno ha ricevuto da parte di gruppi indigeni e sindacati locali e regionali. Più di 1.200 di dette organizzazioni hanno già dichiarato il loro sostegno a Moreno. Tutto indica che il secondo turno sarà molto combattuto e il clima è teso. Se il risultato è aggiustato, l’opposizione griderà che c’è stata frode, anche se è priva di qualsiasi prova di questo, come hanno fatto dopo il primo turno. In qualsiasi caso, c’è la possibilità che una parte della sinistra contribuisca a spianare la strada al potere dei suoi antichi nemici, nel momento in cui la bilancia regionale di forze inclina verso la destra. Green Left Weekly Tradotto dall’inglese per Rebelión da Paco Muñoz de Bustillo